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giovanni paolo II° agli artisti.

Lettera di Giovanni Paolo II° agli artisti

 (estratto)

" L'artista, immagine di Dio Creatore.

Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire qualcosa del pathos con cui Dio, all'alba della creazione, guardò all'opera delle sue mani. Una vibrazione di quel sentimento si è infinite volte riflessa negli sguardi con cui voi, come gli artisti di ogni tempo, avvinti dallo stupore per il potere arcano dei suoni e delle parole, dei colori e delle forme, avete ammirato l'opera del vostro estro, avvertendovi quasi l'eco di quel mistero della creazione a cui Dio, solo creatore di tutte le cose, ha voluto in qualche modo associarvi.

In realtà, si tratta di un dialogo non dettato solamente da circostanze storiche o da motivi funzionali, ma radicato nell'essenza stessa sia dell'esperienza religiosa che della creazione artistica. La pagina iniziale della Bibbia ci presenta Dio quasi come il modello esemplare di ogni persona che produce un'opera: nell'uomo artefice si rispecchia la sua immagine di Creatore. Questa relazione è evocata con particolare evidenza nella lingua polacca, grazie alla vicinanza lessicale fra le parole stwórca (creatore) e twórca (artefice).

Qual è la differenza tra « creatore » ed « artefice? » Chi crea dona l'essere stesso, trae qualcosa dal nulla — ex nihilo sui et subiecti, si usa dire in latino — e questo, in senso stretto, è modo di procedere proprio soltanto dell'Onnipotente. L'artefice, invece, utilizza qualcosa di già esistente, a cui dà forma e significato. Questo modo di agire è peculiare dell'uomo in quanto immagine di Dio.

Dio ha, dunque, chiamato all'esistenza l'uomo trasmettendogli il compito di essere artefice.

Nella « creazione artistica » l'uomo si rivela più che mai « immagine di Dio », e realizza questo compito prima di tutto plasmando la stupenda « materia » della propria umanità e poi anche esercitando un dominio creativo sull'universo che lo circonda. L'Artista divino, con amorevole condiscendenza, trasmette una scintilla della sua trascendente sapienza all'artista umano, chiamandolo a condividere la sua potenza creatrice. E ovviamente una partecipazione, che lascia intatta l'infinita distanza tra il Creatore e la creatura, come sottolineava il Cardinale Nicolò Cusano: « L'arte creativa, che l'anima ha la fortuna di ospitare, non s'identifica con quell'arte per essenza che è Dio, ma di essa è soltanto una comunicazione ed una partecipazione ».

Per questo l'artista, quanto più consapevole del suo « dono », tanto più è spinto a guardare a se stesso e all'intero creato con occhi capaci di contemplare e ringraziare, elevando a Dio il suo inno di lode. Solo così egli può comprendere a fondo se stesso, la propria vocazione e la propria missione.

La speciale vocazione dell'artista

Non tutti sono chiamati ad essere artisti nel senso specifico del termine. Secondo l'espressione della Genesi, tuttavia, ad ogni uomo è affidato il compito di essere artefice della propria vita: in un certo senso, egli deve farne un'opera d'arte, un capolavoro.

Esse si condizionano reciprocamente in modo profondo.

E' importante cogliere la distinzione, ma anche la connessione, tra questi due versanti dell'attività umana. La distinzione è evidente. Una cosa, infatti, è la disposizione grazie alla quale l'essere umano è l'autore dei propri atti ed è responsabile del loro valore morale, altra cosa è la disposizione per cui egli è artista, sa agire cioè secondo le esigenze dell'arte, accogliendone con fedeltà gli specifici dettami. Per questo l'artista è capace di produrre oggetti, ma ciò, di per sé, non dice ancora nulla delle sue disposizioni morali. Qui, infatti, non si tratta di plasmare se stesso, di formare la propria personalità, ma soltanto di mettere a frutto capacità operative, dando forma estetica alle idee concepite con la mente.

Ma se la distinzione è fondamentale, non meno importante è la connessione tra queste due disposizioni, la morale e l'artistica.

Nel modellare un'opera, l'artista esprime di fatto se stesso a tal punto che la sua produzione costituisce un riflesso singolare del suo essere, di ciò che egli è e di come lo è.

 

La vocazione artistica a servizio della bellezza

 

Scrive un noto poeta polacco, Cyprian Norwid:

« La bellezza è per entusiasmare al lavoro, il lavoro è per risorgere ».

Il tema della bellezza è qualificante per un discorso sull'arte. Esso si è già affacciato, quando ho sottolineato lo sguardo compiaciuto di Dio di fronte alla creazione. Nel rilevare che quanto aveva creato era cosa buona, Dio vide anche che era cosa bella. Il rapporto tra buono e bello suscita riflessioni stimolanti. La bellezza è in un certo senso l'espressione visibile del bene, come il bene è la condizione metafisica della bellezza.


Lo avevano ben capito i Greci che, fondendo insieme i due concetti, coniarono una locuzione che li abbraccia entrambi: « kalokagathía« , ossia « bellezza-bontà ». Platone scrive al riguardo: «La potenza del Bene si è rifugiata nella natura del Bello».

E vivendo ed operando che l'uomo stabilisce il proprio rapporto con l'essere, con la verità e con il bene. L'artista vive una peculiare relazione con la bellezza. In un senso molto vero si può dire che la bellezza è la vocazione a lui rivolta dal Creatore col dono del « talento artistico ». E, certo, anche questo è un talento da far fruttare, nella logica della parabola evangelica dei talenti (cfr Mt 25,14-30).

Tocchiamo qui un punto essenziale. Chi avverte in sé questa sorta di scintilla divina che è la vocazione artistica — di poeta, di scrittore, di pittore, di scultore, di architetto, di musicista, di attore... — avverte al tempo stesso l'obbligo di non sprecare questo talento, ma di svilupparlo, per metterlo a servizio del prossimo e di tutta l'umanità.

 

L'artista ed il bene comune.

 

La società, in effetti, ha bisogno di artisti, come ha bisogno di scienziati, di tecnici, di lavoratori, di professionisti, di testimoni della fede, di maestri, di padri e di madri, che garantiscano la crescita della persona e lo sviluppo della comunità attraverso quell'altissima forma di arte che è « l'arte educativa ».

Cari artisti, voi ben lo sapete, molti sono gli stimoli, interiori ed esteriori, che possono ispirare il vostro talento. Ogni autentica ispirazione, tuttavia, racchiude in sé qualche fremito di quel « soffio » con cui lo Spirito creatore pervadeva sin dall'inizio l'opera della creazione. Presiedendo alle misteriose leggi che governano l'universo, il divino soffio dello Spirito creatore s'incontra con il genio dell'uomo e ne stimola la capacità creativa. Lo raggiunge con una sorta di illuminazione interiore, che unisce insieme l'indicazione del bene e del bello, e risveglia in lui le energie della mente e del cuore rendendolo atto a concepire l'idea e a darle forma nell'opera d'arte. Si parla allora giustamente, se pure analogicamente, di « momenti di grazia », perché l'essere umano ha la possibilità di fare una qualche esperienza dell'Assoluto che lo trascende.

 

La « Bellezza » che salva

 

Sulla soglia ormai del terzo millennio, auguro a tutti voi, artisti carissimi, di essere raggiunti da queste ispirazioni creative con intensità particolare. La bellezza che trasmetterete alle generazioni di domani sia tale da destare in esse lo stupore! Di fronte alla sacralità della vita e dell'essere umano, di fronte alle meraviglie dell'universo, l'unico atteggiamento adeguato è quello dello stupore.

Da qui, dallo stupore, potrà scaturire quell'entusiasmo di cui parla Norwid nella poesia a cui mi riferivo all'inizio. Di questo entusiasmo hanno bisogno gli uomini di oggi e di domani per affrontare e superare le sfide cruciali che si annunciano all'orizzonte. Grazie ad esso l'umanità, dopo ogni smarrimento, potrà ancora rialzarsi e riprendere il suo cammino.In questo senso è stato detto con profonda intuizione che « la bellezza salverà il mondo ».La bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente. E' invito a gustare la vita e a sognare il futuro.

Per questo la bellezza delle cose create non può appagare, e suscita quell'arcana nostalgia di Dio che un innamorato del bello come sant'Agostino ha saputo interpretare con accenti ineguagliabili: « Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato! ».

I vostri molteplici sentieri, artisti del mondo, possano condurre tutti a quell'Oceano infinito di bellezza dove lo stupore si fa ammirazione, ebbrezza, indicibile gioia.

« Emerge dal caos il mondo dello spirito »! Dalle parole che Adam Mickiewicz scriveva in un momento di grande travaglio per la patria polacca traggo un auspicio per voi: la vostra arte contribuisca all'affermarsi di una bellezza autentica che, quasi riverbero dello Spirito di Dio, trasfiguri la materia, aprendo gli animi al senso dell'eterno.

Con i miei auguri più cordiali!

Dal Vaticano, 4 aprile 1999, Pasqua di Risurrezione.